Comincio a parlare di concentrazione partendo dalle distrazioni, ovvero dalle cose che più la mettono a rischio quando lavoriamo o studiamo.
Di distrazioni ce ne possono essere tantissime a seconda del contesto nel quale operiamo, del periodo e da come siamo fatti.
Facciamo però una distinzione tra le due principali categorie di distrazioni:
– Quelle che provengono dall’esterno rispetto a noi
– Quelle che nascono dal nostro interno
Chris Bailey nel suo «Hyperfocus» spiega che per ritrovare la giusta concentrazione dopo che ci siamo distratti, abbiamo bisogno di ben:
1. 23 minuti nel caso di distrazioni esterne (es una telefonata, un collega che ci interrompe etc)
2. 29 minuti nel caso di distrazioni interne (es un nostro pensiero, una divagazione, una preoccupazione di fondo che si palesa all’improvviso)
Ne emergono due considerazioni:
A. Se pensiamo a quante distrazioni possano interromperci nel corso di una giornata, le ore rimanenti di lavoro “concentrato” sono veramente poche
B. Le distrazioni più pericolose sono quelle che nascono dal nostro interno; da una parte è un dato sconcertante, dall’altra l’aspetto positivo è che significa che si tratta di un ambito nel quale- dipendendo tutto da noi- possiamo migliorare e difendere dagli attacchi delle distrazioni.
Sono sempre stata affascinata dall’efficacia di una buona concentrazione sin dai tempi in cui studiavo, ma soprattutto da quando lavoro.
Come forse saprai ho lavorato per tanti anni come dipendente, anche in realtà piuttosto strutturate.
Una delle cose che notavo di alcuni colleghi- molti dei quali anche di livello più alto rispetto al mio- era la scarsa capacità di lavorare concentrati e soprattutto l’abitudine di rimanere in ufficio ogni giorno ben oltre l’orario di lavoro.
Credo che uno dei miei punti di forza- lo dico chiaramente senza falsa modestia e rapportato agli obiettivi che riuscivo a raggiungere- era invece la capacità di gestirmi il lavoro e soprattutto di difendermi con le unghie e con i denti dalle distrazioni.
Molti colleghi invece, magari non avendo limiti orari dovuti ad una gestione familiare e quindi nessuna esigenza particolare di uscire in orario, tiravano dritto e lavoravano concentrati solo quando non avevano distrazioni (se ci pensate dovrebbe essere il contrario!).
Purtroppo, questo è ancora tipico della cultura italiana aziendale: chi riesce ad uscire dal lavoro in orario senza far straordinari viene subito paragonato al ben noto Ragionier Fantozzi ed ai suoi colleghi che alle 17.59 erano pronti per timbrare il cartellino di uscita!
Da noi c’è ancora l’abitudine di far tardi in ufficio anche per far vedere che si lavora tanto, quando in realtà nella maggioranza dei casi chi fa tardi in ufficio magari semplicemente non si è saputo organizzare bene il lavoro.
Come afferma Cal Newport : “i lavoratori della conoscenza tendono a un lavoro sempre più visibile perché non hanno altro modo per dimostrare il proprio valore: sembrare visibilmente impegnati sembra essere l’unica soluzione.”
Nelle aziende- vuoi perché spesso gli spazi di lavoro non sono concepiti per difendere il lavoratore dalle distrazioni oppure perché non viene criticato dai vertici, questo dilatare del tempo di lavoro è un comportamento accettato da tutti.
Bisognerebbe far sperimentare il grande impatto che può invece avere il lavorare organizzando meglio il proprio flusso di lavoro e difendendo il tempo in cui si lavora davvero concentrati.
Per quanto riguarda invece i liberi professionisti, sicuramente considerando il fatto che una buona gestione del tempo (e quindi della concentrazione) è strettamente correlata con i guadagni, c’è forse più consapevolezza nel voler migliorare il proprio modo di agire quando si avverte questa esigenza.
Ma dal capirne l’esigenza a sapere come fare non è sempre facile.
Vediamo quindi alcuni concetti cardine per migliorare il proprio modus operandi sul tema della concentrazione, sia per chi lavora come dipendente e vuole migliorare la qualità delle sue giornate a lavoro (in un’ottica di benessere aziendale ma soprattutto per star meglio a lavoro), sia per il libero professionista.
Vi consiglio la lettura del testo “Deep work” di Cal Newport, davvero illuminante con le sue riflessioni in tema di lavoro concentrato.
L’autore parte innanzitutto da celebri esempi, in tanti campi differenti, di personaggi che hanno dato tanta importanza nel loro lavoro alla difesa della concentrazione.
Dallo psichiatra Carl Jung che faceva ricerca chiudendosi nella sua torre, a Charles Darwin che era un mago nel dividere il tempo per i suoi molteplici interessi ritagliando tempo concentrato per lo studio, a Bill Gates con le sue “think week”, un ritiro settimanale durante il quale si isola senza far altro che leggere e pensare in grande, a Woody Allen che in 44 anni di carriera ha scritto e diretto altrettanti film, dei quali 43 hanno ricevuto la nomination agli Oscar, per finire con J.K. Rowling che per scrivere il volume più difficile del suo Harry Potter ha dovuto affittare una camera d’albergo.
Non a caso David Brooks ha scritto: “Le grandi menti creative pensano come artisti, ma lavorano come ragionieri”.
Ed in questo rigore rientra soprattutto la capacità di rimanere concentrati.
Non si può rimanere concentrati continuativamente – e quindi nel lavoro intenso- ed è per questo importante saper alternare dei momenti da dedicare ai compiti che ci richiedono minore impegno.
Newport definisce lavoro intenso: “l’attività professionale che svolgiamo in stato di massima concentrazione, liberi da distrazioni che porta le nostre capacità cognitive al limite.
Uno dei suggerimenti più utili è quello di raggruppare varie tipologie di impegni simili e quindi dedicarcisi a “blocchi” calibrando anche il carico di impegno al tempo a disposizione ed energie.
Passare da una tipologia di attività all’altra, in stile multitasking, è solo nocivo e, come diceva Leroy, ci ingolfa il lavoro con l’attenzione residuale: se cambiamo rapidamente attività l’attenzione non si sposta immediatamente, ma rimane bloccata nell’attività precedente.
Spesso i luoghi di lavoro spesso in azienda non facilitano la concentrazione, in particolare quando si lavora in open space.
È stata fatta una scelta a monte e si è preferito favorire la collaborazione fortuita tra colleghi ed una più rapida comunicazione, alle quali si sono aggiunte per l’azienda la possibilità di risparmiare e naturalmente controllare più facilmente i dipendenti.
In questo tipo di contesto diventa fondamentale difendere il proprio tempo concentrato staccandosi dai social o limitandoli ad un tempo di svago, imparare a dire “no” in alcune situazioni, semplificando le attività nel senso più profondo del termine ed imparando a staccare la spina in modo sano.
Un altro suggerimento importante è quello di ritagliarsi degli spazi di “meditazione produttiva”: ovvero il decidere di concentrarsi su un’idea, un problema da risolvere, una situazione da valutare, durante un momento dedicato ad attività fisica come una passeggiata nella natura, fuori con il proprio cane, sotto la doccia o comunque mentre il nostro cervello non è occupato in pensieri lavorativi o in un contesto strutturato.
Solo così sarà libero di pensare e di accogliere le intuizioni.
Newport ha approfondito molto il ragionamento sull’influenza negativa delle e mail sulla nostra concentrazione, se ti interessa l’argomento leggi l’articolo Che mondo sarebbe senza le e-mail? (mariacristinafusari.it)
Concludo portando l’attenzione sui vari esperimenti che si stanno facendo all’estero ed in pochi casi anche in Italia riguardo alla riduzione dell’orario lavorativo settimanale con la settimana di quattro giorni.
Eliminando un giorno lavorativo a settimana non significa chiedere alle persone di lavorare di più nei giorni a disposizione, ma di lavorare meglio, più concentrati perché quasi sempre i limiti stimolano la nostra mente; sapendo di avere un giorno in meno a disposizione saremo più portati a non sprecare il nostro tempo ed a rendere di più.
Oltre all’innegabile beneficio che deriva dall’avere un giorno in più per staccare e dedicarsi alla vita privata.
Buon mese di Aprile a tutti!