Le e mail ponte


Facciamo un gioco.

Questo gioco si basa sul concetto di immedesimazione, un po’ quello che ha decretato il successo di un film cult come “Big” con Tom Hanks e di tanti altri che hanno imitato la celebre pellicola anni ’80.

Ovviamente però lo utilizzeremo nel contesto lavorativo e di gestione delle risorse personali.

Treccani definisce il verbo immedesimarsi come il “trasferirsi nella condizione psicologica di un’altra persona”; si tratta quindi di un’azione transitoria necessaria per comprendere il prossimo e quindi comunicare al meglio con lui e rapportarvisi con rispetto.

Torniamo al nostro gioco adesso.

Situazione 1: immagina di contattare una persona via mail perché ti serve un’informazione lavorativa, hai inviato una proposta di collaborazione a qualcuno oppure semplicemente risposto ad un’offerta di lavoro.

Premendo il tasto “invia” nel programma di posta elettronica stai mandando idealmente nell’etere un pezzettino di te, qualcosa di cui ti importa e che rimane appesa in attesa di un qualsiasi feedback dall’altra parte.

Se il destinatario non ti risponde in tempi “ragionevoli” (che variano a seconda di aspettative personali, consuetudini consolidate ed impegni lavorativi) ti sentirai fastidiosamente appeso/a ad un filo ed in una situazione sicuramente non piacevole.

Questo molto spesso anche perché di e-mail non ne mandiamo solo una ogni tanto, di risposte non ricevute ne abbiamo purtroppo molte e tra ambito lavorativo e privato siamo impegnati in tantissime attività.

Scatta quindi in noi il cosiddetto “effetto Zeigarnik” che avviene quando abbiamo troppi  dei troppi cerchi aperti e quindi troppe questioni da risolvere, o incompiute, in contemporanea.

Situazione 2: immagina adesso di essere dall’altra parte ovvero di trovarti a ricevere la mail dell’altra persona.

Qualsiasi sia il contenuto della richiesta, sei sottoposto/a ad una stimolazione ed avrai, per forza di cose, un’attività in più da compiere.

Questa attività può andare da una semplice risposta secca via mail ad un lavoro più approfondito che richiede del tempo, energie, altri elementi, valutazioni.

Immagina adesso che dopo un tot di tempo l’altra persona ti solleciti una risposta (la percezione dell’inopportunità di questo tempo varia a seconda di molti fattori) .

Entrambe le situazioni sono spiacevoli per le persone coinvolte ed ostacolano il flusso di lavoro; per fortuna in entrambi i casi i soggetti coinvolti possono fare qualcosa per evitare fastidi ed intralci.

Cosa si può agire?

Ricorriamo alle cosiddette “email ponte”, ovvero uno strumento che si basa innanzitutto sul principio del rispetto delle altre persone e del saper vivere.

Personalmente mi innervosisco molto difronte a persone che non rispondono ad una richiesta e che vanno per questo sollecitate.

Vediamo nella pratica come fare, partendo dalla “situazione 2” ovvero quella nella quale siamo noi i destinatari di una richiesta.

Come ci insegna David Allen nel suo “Getting things done” dobbiamo essere predisposti, innanzitutto mentalmente, a raccogliere stimoli, attività e richieste varie in una “inbox”- fisica o virtuale.

Quindi dobbiamo esser bravi a tener traccia delle attività che dobbiamo svolgere e ad assegnare a ciascuna di esse una priorità, una tempistica, un qualsiasi ragionamento.

Non possiamo “lasciarci vivere” o trainare solo dalle richieste esterne o da ciò che ci capita in ordine di tempo; per lavorare bene dobbiamo avere una visione dall’alto delle varie cose da fare.

Quindi se ci arriva una mail con una richiesta valutiamo innanzitutto se si tratta di una cosa “da niente” e se- sempre per citare Allen- può essere evasa in meno di due minuti ci conviene rispondere immediatamente per “archiviare la pratica”.

Se invece il lavoro richiesto è più complesso valutiamo a grandi linee le tempistiche necessarie a supplire al bisogno e rispondiamo con un’e-mail ponte alla persona che ci ha scritto rassicurandola sul fatto che ce ne occuperemo, spieghiamole entro quando lo faremo.

Ricordiamoci quindi di segniamoci la scadenza tra le cose da fare.

Come saprete esistono anche le email automatiche che possono anche fungere da email ponte; personalmente però non le amo molto proprio perché alcuni automatismi non possono sostituire il calore di una risposta reale, anche nel caso in cui la risposta fosse ancora più fredda di un automatismo (ad esempio un “mi dispiace ma non mi posso proprio occupare di questa questione”, oppure “mi dispiace, al momento non assumiamo” sono spesso più apprezzati rispetto ad un “grazie per avermi contattato, le risponderemo appena possibile”).

Chi riceve una risposta “reale” di presa in carico si rassicura sul fatto che l’altro abbia ricevuto la mail, le abbia dato almeno una rapida scorsa e che soprattutto si sia responsabilizzato in merito a ciò che ne consegue.

Potrà sembrare un passaggio in più per chi perde pochi minuti a prendere tempo, in realtà questo atto di prendere tempo è sinonimo di guadagnarlo perché nel riflettere sulla richiesta e nel rispondere ho già iniziato a prendere coscienza sul da farsi e sto lavorando alla programmazione del mio flusso di lavoro.

Quando mandiamo una mail, e qui torniamo alla situazione 1 nella quale siamo noi a scrivere la richiesta, dobbiamo agevolare al massimo chi la riceve perché ci torni il favore indietro.

Quindi:

·       Massima attenzione a come scriviamo la mail (premessa, richiesta centrale, conclusioni- e naturalmente oggetto e mail molto chiaro chiaro)

·       Estrema sintesi

·       Esplicita richiesta delle tempistiche di risposta

In questo modo saremo anche autorizzati a sollecitare in caso non arrivasse risposta in tempo; per non trovarsi con l’acqua alla gola, rubate 1 giorno sulla reale deadline .

Fate attenzione a non perdere credibilità sul grado di urgenza perché altrimenti farete “ a lupo a lupo” e nessuno vi crederà più.

In conclusione, più scriviamo bene la nostra email, più sarà facile collaborare.

Sull’argomento dello strumento mail a lavoro consiglio la lettura di “Un mondo  senza mail” di Cal Newport.

Buon mese di novembre!  


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